PAPMusic, il tax credit e quel modus operandi molto, molto italiano
Come direbbe Stanis La Rochelle, e chi vuole intendere intenda
Di cinema italiano ne avevamo parlato più o meno qualche puntata fa, quando riflettevo sul suo stato attuale e sulle sue emanazioni. Se ricordate, allora scrivevo che lo stereotipo vuole che il cinema italiano sia o completamente demenziale o indigesto come una peperonata ad agosto, e che questo non fa che creare nel pubblico una profonda indifferenza nei confronti di ciò che (di buono) si produce tra i nostri confini.
Ci siamo rotti del cinema italiano
Due martedì fa sono stata al concerto dei Sum 41 qui a Milano, con un Deryck Whibley incredibile, che ci ha intrattenuti, fatti saltare, fatto accendere torce del telefono e divertire come matti. A un certo punto ha iniziato a suonare alla chitarra Smoke on the Water
Finché è indifferenza è un conto, in qualche modo è reversibile. Se diventa astio però c’è un problema più serio, e così veniamo al punto di stasera: negli ultimi giorni non sento parlare di altro se non di PAPMusic - Animation for Fashion, un prodotto di cui ogni aspetto sembra fatto a regola d’arte per far indignare la gente.
Al cinema da giovedì 26 settembre, PAPMusic - Animation for Fashion (che da ora chiameremo semplicemente PAPMusic per comodità) è un film d’animazione italiano realizzato in CGI 3D. Prima di proseguire con la lettura, c’è bisogno che guardiate almeno il trailer di quest’opera prima, per contestualizzare al meglio tutto ciò che sto per raccontarvi.
Il film è scritto e diretto da LeiKiè (lei chi è? Domanda lecita, ci torniamo tra poco) e prodotto dalla NotJustMusic, che sul proprio sito si definisce “una casa di produzione indipendente”. Non viene specificato che tipo di produzioni li impegna, parlano genericamente di animazione in 3D e, soprattutto, non c’è traccia di un portfolio né di altri lavori che possano essere attribuiti ad altri oltre che a LeiKiè. Il sito-vetrina della NotJustMusic dedica infatti ampie sezioni a PAPMusic, alla sua regista e ai videoclip delle canzoni di quest’ultima, che sì, è anche interprete, autrice e produttrice musicale.
La creatrice di PAPMusic, al secolo Roberta Galli, si cela dietro uno pseudonimo che, sempre stando alla descrizione fornita dal sito di NotJustMusic, “è un invito ironico a scoprire “chi è quella Lei, o quel Lui" che c’è in ognuno di noi. Non-sense e satira alla ricerca del sé”. Di lei non si sa molto altro, se non appunto quanto riportato dal sito e dal fatto che PapMusic è la sua prima opera cinematografica.
Un frame dal videoclip di “Fantasia nella fattoria”, brano di LeiKiè, prodotto dalla NotJustMusic.
Okay, a questo punto direte voi, ma perché tanto astio nei confronti di questo film, che la gente probabilmente manco ha ancora visto? Il brutto è soggettivo, ma soprattutto non è una colpa, quindi è difficile credere che la sola esistenza di PAPMusic, con la sua animazione in 3D che ricorda Second Life e la sua sceneggiatura non particolarmente brillante (non ho visto il film purtroppo, nonostante la distribuzione in 109 sale grazie a un accordo con UCI Cinemas e TheSpace, ma mi fido di Francesco Alò e della sua recensione-riflessione per BadTaste), sia abbastanza da generare una simile ondata di indignazione.
Ebbene, il film di Leikiè ha un ultimo asso nella manica: ha avuto un budget di 4 milioni di euro. Che di per sé non sono neanche tantissimi, per un film d’animazione (una produzione Pixar costa in media 150 milioni di dollari), ma che diventano una cifra degna di nota per i più nel momento in cui circa un milione e mezzo deriva da un tax credit concesso dallo stato nel 2021, più 200.000 euro di contributi selettivi che la produzione ha ricevuto lo scorso anno (fonte: il sito del Ministero della Cultura).
Considerato che di PAPMusic si è parlato davvero tanto, sempre nella mia bolla cinematografica - ma magari anche nella vostra, se siete stati raggiunti dalle adv social erogate a tappeto nell’ultima settimana, è lecito pensare che molto di questo budget complessivo sia stato dedicato al marketing e alla promozione, che alla fine è quello che dico sempre che una casa di produzione dovrebbe fare per invitare la gente ad andare al cinema. Quindi tutto giusto? Ni.
La première di PAPMusic a Venezia. ©ComingSoon
Perché in questa storia ci sono una serie di problemi: a cominciare dal fatto che si è parlato di un “film presentato a Venezia” negli stessi giorni della Mostra d’Arte Cinematografica, ma di fatto si è semplicemente scelto di organizzare la première in quella specifica città in quello specifico lasso temporale, probabilmente per alimentare questo “detto non detto”. Di PAPMusic hanno poi parlato, anche con post sponsorizzati a pagamento sui social, testate di settore e non solo, anche di un certo prestigio, alimentando inevitabilmente la hype nei confronti del prodotto. E ovviamente tutto questo, considerato che il film in sé non sembra brillare per tecnica ed esecuzione, cosa può aver causato se non un insorgere di “haters”, come LeiKiè stessa definisce chi ha criticato la sua creatura in questa lunga lettera aperta pubblicata su YouTube?
Io infatti voglio spezzare una lancia a favore di PAPMusic e di LeiKiè. Mettiamo che sia vero quello che dice nella sua invettiva contro gli odiatori professionisti, che ci abbia messo passione, che abbia lavorato notte e giorno per dar vita al film che voleva realizzare. Come ho detto più su, visto che il brutto è soggettivo, può mai essere una colpa per chi lo ha immaginato, desiderato e realizzato?
La colpa è piuttosto di chi non è in grado di prevedere che preporre un aiuto con tax credit (che ricordiamo, si vince con un bando) per una produzione come questa non farà in grado che alimentare indignazione nei confronti dell’industria e dello stesso Ministero della Cultura. Che già è difficile in generale far capire cosa sia il tax credit, figuriamoci giustificare il fatto che lo si dia a prodotti a quanto pare non in grado di sostenere il buon nome del cinema italiano, né in patria né da altre parti.
La colpa è anche di chi, con a disposizione mezzi ufficiali per diffondere informazione sul cinema, per soldi, per clic o semplicemente per FOMO sceglie di pubblicizzare un prodotto senza un raziocinio che porti a comprendere chi legge per quale motivo si stia dando spazio a un certo argomento, o perché si stia implicitamente dicendo ai lettori che questo film merita quantomeno il tempo della lettura di un articolo.
La colpa infine è di chi non è in grado di capire bene cosa succede intorno a sé e, nel dubbio, pur di dire la sua, segue la massa. Uscendosene con uno dei vari “il cinema d’animazione italiano ormai ha toccato il fondo” (certo, spaliamo sterco su un’intera filiera anziché su un singolo prodotto) o “avete sprecato i soldi dei contribuenti” (non funziona così, ma ok) che ho letto in questi giorni sui social.
Anton Ego, il critico culinario di Ratatouille, dice in un passaggio del film Pixar del 2007:
Per molti versi la professione del critico è facile: rischiamo molto poco, pur approfittando del grande potere che abbiamo su coloro che sottopongono il proprio lavoro al nostro giudizio. Prosperiamo grazie alle recensioni negative, che sono uno spasso da scrivere e da leggere, ma la triste realtà a cui ci dobbiamo rassegnare è che, nel grande disegno delle cose, anche l'opera più mediocre ha molta più anima del nostro giudizio che la definisce tale.
E questo, per quanto mi riguarda, è verissimo anche per PAPMusic. Che in fin dei conti non è il problema, nonostante la gogna a cui è stato sottoposto: il problema è, piuttosto, ciò che ha generato questo assurdo caso mediatico nostrano, e ciò che intorno a esso si è creato.
È tutto incredibile, potrei dire io. È tutto molto italiano, direbbe molto meglio un grande interprete del piccolo schermo.